Socializzazione come apertura verso gli altri
Ciascuno degli ambienti all'interno dei quali il bambino stabilisce relazioni sociali - con la madre, i genitori, gli altri adulti, con i fratelli e le sorelle, gli altri bambini - ha proprie caratteristiche istituzionali. Sulla base dei modelli che essi offrono e attraverso i molteplici processi di apprendimento che vi si svolgono, il bambino elabora strutture di comportamento e sistemi di valori che dovrebbero permettergli in ogni fase del suo sviluppo e, quando sar� divenuto adulto, di occupare un posto nella societ�. Il significato di ci� che viene detto "comportamento sociale" varia in misura notevole da un autore all'altro e talvolta nello stesso autore. Per la psicologia americana, indubbiamente soggetta all'influenza del culturalismo e interessata alle teorie della personalit�, la socializzazione � lo studio del processo attraverso cui i sistemi di condotta individuali si adeguano progressivamente alle norme sociali. Nella letteratura psicologica di lingua francese, lo studio della socializzazione si incentra soprattutto sull'evoluzione dei comportamenti sociali, sulle forme e le modalit� delle interazioni sociali. Gi� un'analisi superficiale permette di ritenere improprio il termine socializzazione, poich� all'infanzia non corrisponde affatto l'integrazione nella societ� di un essere precedentemente asociale, anche se Piaget (1) definisce sociale il comportamento del bambino in rapporto agli altri solo quando le relazioni divengono in qualche misura reciproche, cio� quando il bambino � capace di differenziarsi dagli altri. E' credibile che da 0 a 3 - 4 anni il bambino si trovi nello stadio non sociale e che, tra i 3 e gli 8 anni, sia nello stadio presociale. Certo nella prospettiva psicanalitica, il processo di socializzazione deve essere considerato nella sua continuit� fin dalle forme pi� primitive di relazione con gli altri, attribuendo in particolare la dovuta importanza alle identificazioni. Gli psicologi, invece, sono concordi nel ritenere che la coscienza di s� sia inscindibile dalla coscienza degli altri, che l'io si costruisca progressivamente, lentamente, e che la sua unit� nasca attraverso il contatto sociale, il confronto con gli altri. Agli inizi il bambino in qualche modo si confonde con le situazioni cui partecipa e con le persone con lui implicate in queste situazioni. La differenziazione io-altri procede con rapidit�, ma le relazioni restano a lungo dominate dal sincretismo che si manifesta nella soggettivit� e nell'egocentrismo degli atteggiamenti. Il progredire della differenziazione consente di stabilire relazioni via via sempre pi� paritarie e reciproche.
Si tratta per� ancora di relazioni soggettive da persona a persona; solo in un secondo momento si articoleranno in relazioni da persona a gruppo: queste ultime non richiedono soltanto la reciprocit�, ma la differenziazione dei ruoli, la cooperazione e la possibilit� di modificare il gruppo; lo testimoniano sia lo sviluppo della comunicazione verbale, dal monologo alla discussione vera e propria, sia il gioco che � prodotto e agente di socializzazione. « Le attivit� ludiche dominanti sono inizialmente solitarie, ovvero assumono la forma di una comunicazione emozionale sincretica che comincer� a differenziarsi nei giochi di alternanza con l'adulto. Nei gruppi di bambini i giochi solitari divengono in seguito attivit� parallele che si traducono progressivamente in associazioni. I bambini hanno allora una vera e propria attivit� comune, ma senza un programma ben definito che imponga ruoli differenziati. Partecipando a una simbologia comune, essi creano forme di comunicazione e di rapporti sociali in cui la comunit� del gruppo � compatibile con l'egocentrismo che assimila l'altro a se stesso. Le varie forme di cooperazione e di competizione si vengono successivamente organizzando, rozzamente dapprima e in seguito sempre pi� implicando la considerazione dei differenti punti di vista dei partners sociali e l'accettazione di regolecomuni » (2). Ma quando si verifica questa differenziazione io-altri e a quali condizioni? Essa � strettamente collegata con un progressivo ampliamento dell'ambiente sociale perch� il bambino passa da un sistema recepito dall'esterno e stabilito in relazione a un ambiente unico, a sistemi differenziati e soprattutto esperiti direttamente. E' una evoluzione che viene dimostrata dalle fasi del giudizio morale cos� come descritte da Piaget (3): partendo da un realismo morale nel quale i giudizi degli adulti hanno un valore assoluto, si passa all'interiorizzazione progressiva di valori divenuti relativi e alla costruzione di un sistema personale che rappresenta uno degli aspetti dell' acquisizione dell'autonomia, che sottende tutto lo sviluppo sociale. Il lattante dipende completamente dal proprio ambiente. Il bambino acquista in seguito una crescente indipendenza, ed il progresso in questo senso procede di pari passo con l' adattamento all'ambiente sociale. Il bambino acquista la sua autonomia attraverso l'assunzione dei ruoli e degli status che la societ�, per ogni et� si aspetta da lui e che, di conseguenza, ne rappresentano i limiti. Ma certamente l'esperienza della vita in comune non ha luogo per il solo fatto della coesistenza; questa forse accelera forme relazionali che non possono essere concepite indipendentemente dallo sviluppo della motricit�, delle strutture cognitive e dell' investimento affettivo. Cos� nella scuola materna i bambini si avvicinano progressivamente gli uni agli altri, ma sono incapaci di una collaborazione coerente, che � ostacolata dall'egocentrismo, dall'eteronomia morale, dall'instabilit�. Dopo i sei anni il bambino si accetta in quanto tale - ha messo da parte i desideri edipici - e crea la propria identit� sociale di "bambino": � la "fase di latenza" descritta da Freud (4), caratterizzata da una migliore padronanza della vita delle pulsioni da parte dell'io. Il disimpegno affettivo dall'adulto permette un pi� profondo inserimento nella comunit� infantile. Poco a poco le relazioni divengono stabili, si strutturano: i bambini elaborano proprie norme e propri valori, distinti da quelli degli adulti, tanto distinti che spesso il ragazzo troppo dipendente dai genitori, viene respinto. Si stabiliscono cos� due diversi sistemi di condotta, i quali tuttavia non entrano in questa fase in collisione: i ragazzi spendono se stessi nella vita e nelle attivit� di gruppo, le ragazze nell'apprendimento di regole rigorose e, soprattutto, attraverso quella forma tutta particolare di contatto sociale che � la conversazione. Verso i 12 anni l'equilibrio si avvia ad essere rimesso in discussione nell'adolescenza. Nella nostra societ�, dove il prolungamento della scolarit� provoca una generalizzazione della dipendenza materiale dell'adolescente e l'accesso alla maturit� sessuale e al pensiero formale sono pressoch� contemporanei, l'inizio di questo periodo comporta un profondo riordinamento delle relazioni con gli altri.
L'equilibrio emozionale � scosso dalla perturbazione che l'immagine di s� subisce a seguito della rapida crescita prepuberale, delle modificazioni sessuali e delle reazioni che queste provocano negli altri; dall'intensificarsi delle pulsioni sessuali e dalla riattivazione del conflitto edipico; dalla preoccupata ansiet�, fomentata e utilizzata dall'ambiente, intorno all'avvenire scolastico e professionale. L'adolescente possiede nuove capacit� logiche ma � anche nel bel mezzo di una confusione affettiva : rifiuta le immagini dei genitori, si interroga su se stesso e sui propri ruoli ; �, insomma, alla ricerca di nuove identificazioni E' per questo che gli adolescenti si creano degli idoli, si attaccano ad adulti idealizzati e cercano la sicurezza
nelle amicizie esclusive, nel gruppo o nella banda. E' importante evidenziare come il gruppo, che per l'innanzi aveva una "funzione di sviluppo", ora ha essenzialmente una "funzione affettiva".
Di fronte agli adolescenti la societ� degli adulti � divisa e incoerente, giacch� li tratta come bambini mentre si aspetta che si comportino da adulti, si rifiuta di prendere in considerazione la loro subcultura e il riesame di valori che essa implica.
L'ambivalenza che abbiamo segnalato come caratteristica di tutto lo sviluppo sociale, nella nostra cultura diviene particolarmente acuta nell'adolescenza. Per quanto riguarda i fattori della socializzazione, i punti essenziali su cui vertono le attuali divergenze teoriche possono collocarsi schematicamente a due livelli:
- Al livello del processo di interazione tra il soggetto e la societ�: quali sono i ruoli rispettivi della societ� e del soggetto? Pi� precisamente, come si inserisce l'attivit� del secondo nei quadri sociali, come pu� essere intesa la trasmissione dei modelli sociali all'individuo o la costruzione da parte sua dei modelli che interiorizza?
- Al livello del soggetto: quali sono i rapporti tra i diversi settori del suo comportamento nel processo di socializzazione? Vi � un aspetto del suo sviluppo che svolge un ruolo motore e, in caso affermativo, quale? Nel primo dei due livelli si pone il problema del primato del sociale sull'individuale nella genesi della sociabilit�. I dati a sostegno della prevalenza del ruolo della societ� sono numerosi: dall'analisi comparata di varie culture emerge come l'acculturazione del bambino non possa essere scissa dal funzionamento delle istituzioni sociali, a loro volta direttamente connesse con gli aspetti economici dell'organizzazione produttiva in una data societ�.
Per esempio, lo studio dello sviluppo dei "bambini selvaggi" (5), testimonierebbe l'insuccesso dell'umanizzazione al di fuori di ogni contatto sociale e che l'ambiente umano � necessario al realizzarsi delle attitudini. Certo � che i soggetti interagiscono tra loro in seno ai gruppi di cui fanno parte, ma ognuno interagisce anche con il sistema sociale in generale. La descrizione psicologica delle relazioni sociali, mentre consente di tenere nel giusto conto l'importanza degli altri aspetti dello sviluppo individuale (biologico, affettivo, intellettuale), non nega per questo l'esistenza, a livello sociologico, di ruoli sociali pi� o meno stereotipati; ma allora, il processo di socializzazione ha dei legami preferenziali con lo sviluppo intellettuale o con lo sviluppo affettivo? Quando affronta il problema dello sviluppo sociale, Piaget (6) si attiene sempre agli stadi dello sviluppo intellettuale o meglio al legame tra le strutture cognitive e le forme delle relazioni sociali.
Mi domando: si viene "educati" a socializzare? In ogni societ�, la funzione dell'educazione dovrebbe essere quella di agente, e fra i pi� importanti, della socializzazione e dell'adattamento. Sembra evidente che il progetto educativo cambi a seconda delle istituzioni e delle persone, e sia ambivalente per ciascun agente dell'educazione. Ne scaturiscono atteggiamenti contraddittori, che provocano conflitti di valori tra gli ambienti con cui il bambino entra in contatto e spesso anche all'interno di essi. Tali conflitti e tali contraddizioni in certi periodi possono essere positivi; in altri, invece, possono provocare delle regressioni, come difesa contro l'angoscia da essi generata. Risiede probabilmente in queste incoerenze l'origine del mito, diffuso dalla letteratura, dell'educazione come costrizione, dannosa al pieno realizzarsi del bambino. Ad esempio � da segnalare come nei manuali scolastici sopravvivano modelli dell'adulto e del suo adattamento del tutto anacronistici: � tuttora privilegiato, ad esempio, il modello rurale, mentre le professioni manuali dell'industria sono ignorate, cos� come vengono spesso presentate, del bambino e dei rapporti sociali, immagini assolutamente manichee. La scuola, in ci� seguendo la societ� nel suo insieme, incoraggia assai poco le relazioni con i compagni, il cui ruolo educativo sembrerebbe ottovalutato.
Nel gruppo dei suoi pari, il bambino non trova altro che l'occasione di una socializzazione "clandestina". Il bambino ha "il dovere" di diventare grande, ma in realt� viene per molti aspetti mantenuto piccolo e lasciato "cuocere" nel brodo della sua infanzia.
Erikson si spinge oltre: « E' necessario comprendere il fatto essenziale che l'infanzia umana fornisce una base psicologica fondamentale allo sfruttamento dell'uomo. La polarit� grande-piccolo � la prima della serie di opposizioni esistenziali, come uomo-donna, comandante-comandato, possessore-posseduto,
bianco-negro, opposizioni intorno alle quali infuriano attualmente le lotte per l'emancipazione, sia a livello politico che a livello psicologico » (7).
NOTE
(1) Cfr. Jean Piaget, Cos'� la psicologia, Roma , G.T.E. Newton, 1989, pp. 58-63 e 104-119.
(2) Maurice Debesse - Gastone Mialaret, Trattato delle scienze pedagogiche VI vol. Aspetti sociali dell'educazione, Roma, Armando Armando editore, I rist. 1985, pp. 11-16.
(3) Cfr. ibidem.
(4) Cfr. Feud, La psicoanalisi infantile, Roma, G.T.E. Newton, 1992.
(5) Cfr. L. Malson, citato da M. Debesse - G. Mialaret ibidem.
(6) Ibidem.
(7) E.H. Erikson, Infanzia e societ�, Roma, Armando Armando editore., VI ed. 1973.
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